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La donna nella stanza di Annalisa Scialpi

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 nella stanza di Annalisa Scialpi

La stanza è ordinata. C’è un letto, bianco, con le inferriate. Alla parete, il quadro di una finestra aperta, sul cui davanzale è appeso un geranio rosso. La donna è rivolta alla finestra, protetta da grate di ferro. E’ giorno e un passero si posa sul cornicione, per poi riprendere il volo.  C’è un tavolinetto con dei mandala. Lei ci ha scarabocchiato su. Ha colorato solo un cerchio azzurro, al centro. E’ sotto effetto di sedativi e tiene le mani sopra le orecchie.  Entra un medico. Ha i capelli bianchi. Sembra gentile. Lei si mette la mano al cuore. Indossa una vestaglia bianca, i capelli sono scompigliati, bruni e le ciocche le scendono, anarchiche, sulle spalle.

  • Io penso che dovrei mettermi seduta a starla ad ascoltare, giusto? dice, voltandosi.

Il medico siede accanto al tavolino rivolto alla donna, senza dire nulla.

Lei ride.

 

  • Io sono una brava ragazza, io sono una brava donna educata, io sono cresciuta dalle suore. E lei, cosa vuole sapere? O vuole che mi sieda in una posizione, magari che in un’altra?

     

    Siede a gambe incrociate sul letto. Poi, si alza di scatto. Fa una voce da bambina.

     

  • Oh, mi scusi dottore,  mi sto comportando proprio come una bambina. Lei con quello sguardo severo mi sculaccia. Vero? Ah… Sporcaccione… Lei mi sculaccia. Ma, vede, io sono rinchiusa qui e per il fatto di essere rinchiusa qui, posso fare e dire tutto quello che voglio.

     

    Torna la voce squillante, da bambina, momentaneamente abbandonata.

     

  • Lei è venuto qui perché vuole farmi delle domande? Deve compilare le sue carte? Bene… Io devo dirle che sono stanca (fa la voce da vecchia). Sono stanca, dottore, moooolto moolto stanca, vede, siedo nel mio lettuccio d’ospedale, sono stata abbandonata dai figli che non ho mai avuto e dal nipoti. Vede… Sono in completa apatia. Dormo… Sono la Bella Addormentata e nessuno mi sveglierà.

     

    Entra un’infermiera con delle medicine. Il dottore le fa cenno di andarsene. L’infermiera, dopo  un’occhiata fissa e interrogativa, lascia la stanza.

     

  • Mi dica, lei pensa che sia pazza, vero? E cos’è, secondo lei, un pazzo? Lei si reputa ‘normale’? Non lo è, se ha scelto di essere quello che è.

Il medico continua a tacere.

Lei gli si siede accanto.

  • Lei ha mai amato, dottore? Lei è mai morto di felicità per uno sguardo, solo per uno sguardo, per poi cadere giù, nel vuoto più vuoto? Lei ha mai visto Inferno e Paradiso insieme? Ha mai visto il Paradiso e l’Inferno tutto in due occhi? E’ come se gli ormeggi saltassero via. Lei vede il Paradiso… e poi l’Inferno e poi… Il Paradiso e l’Inferno… Insieme. E capisce che quello che ha vissuto finora non era né il Paradiso, né l’Inferno, ma il nulla supremo. E allora l’altra sé, quella che non è mai nata, inizia a scalciare come una bambina ribelle e poi vede quegli occhi e sente bruciare ancora, dentro… E capisce… Che la fiamma dell’Inferno, del Paradiso è la stessa fiamma…

     

    Guarda nel vuoto, come se avesse avuto una visione.

     

  • E allora, finalmente, vede. Vede un Regno, completamente nuovo. Un Regno che sta in due occhi chiari. Un Regno che trema sul vecchio regno e allora lei vorrebbe salire, ma sente che le sue gambe sono fragili e il corpo le si sforma e quindi capisci… Lo senti… Che tu non sei il corpo e sai che nessun corpo ti perdonerà questa consapevolezza e il vento ti frusta, manciate di sabbia, violente, ti fanno lacrimare e tu… Non sai più chi sei. Non sai più se quegli occhi appartengono a un uomo o a un dio. E non vuoi più sognarli, quegli occhi e non sai più, insieme, il confine tra sogno e realtà. E allora vorresti ferire colui che ti ha tolto ciò che il mondo, assassino, ha costruito in te: menzogne, ipocrisie, maschere. E sai che tu non sei più del mondo, ma quegli occhi, nonostante tutto, volano via. Annegano nel loro stesso mare. E tu sei nuda. Senza più ancore. Senza più capire chi sei. E non sei del mondo. E dio e i demoni ti hanno abbandonato.  Lei può capire, dottore? Lei, DAVVERO, può capire?

     

    La donna va verso il medico, lo fissa senza indugio.

     

  • Prenda quella penna. Prenda quel foglio bianco. E scriva, dottore, scriva qualcosa che nessuno le ha detto mai. E allora saprà. Saprà cos’è follia. Saprà che Amore è follia. Saprà cos’è. Vivere. Morire. Cos’è.

     

    Si volta verso la finestra. L’uccellino le si posa tra le sue dita. Il cielo è azzurro. Come il cerchio dipinto al centro del mandala.

 Lilith50 - 12/11/2023 19:11:00 [ leggi altri commenti di Lilith50 » ]

È spiazzante e mi lascia tanti interrogativi. Il delirio mentale mi ha sempre affascinata. Questo è un estratto di un racconto più lungo o un copione come archivio io certi racconti nati da “un’idea tenuta nascosta”? Sarebbe interessante sentire anche la voce del Dottore. Mi ha ricordato il film sulla figura di Jung nella sua clinica, “Prendimi l’anima”. Ciao ragazza, con affetto.

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